L'assegnazione della casa coniugale ad un coniuge, in seguito alla separazione, non fa venir meno, in analogia a quanto dispone l'art. 6 legge 27 luglio 1978 n. 392, il contratto di comodato, di guisa che permane l'applicazione della relativa disciplina. Pertanto, se un genitore concede un immobile in comodato per l'abitazione della costituenda famiglia non è obbligato al rimborso delle spese, non necessarie né urgenti, sostenute da un coniuge durante la convivenza familiare per la migliore sistemazione dell'abitazione coniugale (v. Cass. n. 2407/98). Infatti, il comodatario il quale, al fine di utilizzare la cosa, debba affrontare spese di manutenzione anche straordinarie, può liberamente scegliere se provvedervi o meno, ma, se decide di affrontarle, lo fa nel suo esclusivo interesse e non può, conseguentemente, pretenderne il rimborso dal comodante (così, Cass. n. 15543/02). L'art. 1808 c.c. non distingue tra spese autorizzate e spese ad iniziativa del comodatario, ma fra spese sostenute per il godimento della cosa e spese straordinarie, necessarie ed urgenti affrontate per conservarla, con la conseguenza che l'eventuale autorizzazione del comodante non è in nessuno dei due casi discrimine per la ripetibilità degli esborsi effettuati dal comodatario.
La rinuncia di uno dei genitori al contributo del coniuge, per il mantenimento del figlio, è pienamente valida in quanto relativa ad un diritto disponibile. Ne discende che, salvo modifica intervenuta successivamente, il rinunciante non può poi chiedere al partner il rimborso di quanto sostenuto per la prole (Contra, però: Cass civ, sez. I, sentenza 21 maggio 1984 n. 3115 del 21/05/1984 : È nulla la rinuncia al pagamento dell'assegno fissato per la moglie ed i figli in sede di separazione consensuale omologata, sia pure limitata agli "arretrati", ove l'assegno medesimo abbia natura alimentare, e tale nullità può essere fatta valere dalla madre affidataria della prole anche per la quota di spettanza dei figli diventati maggiorenni, attesa la legittimazione della prima a richiedere il pagamento delle somme dovute a tale titolo per i secondi. Cass civ, sez. I, sentenza 21 marzo 1963 n. 690: In materia di assegno di mantenimento per separazione dei coniugi, non può esservi rinuncia, per la speciale natura dello assegno di mantenimento, riconosciuto e tutelato per ragioni di ordine pubblico, inspirate alla necessita di assicurare l'assistenza morale e materiale necessaria al coniuge o alla prole cui il mantenimento e dovuto)
L'articolo 155 del codice civile, nello stesso secondo comma in cui prevede in via prioritaria la possibilità che i figli minori restino affidati a entrambi i genitori, dispone che il giudice può fissare la misura e il modo con cui ciascuno deve contribuire al mantenimento, conferendo al magistrato un'ampia discrezionalità. Inoltre il successivo comma 4 affida al giudice il potere di stabilire "ove necessario" la corresponsione di un assegno periodico al fine di realizzare il principio di proporzionalità. Ne consegue che, nell'ambito della discrezionalità accordata dalla legge, è legittima la scelta del giudice di disporre il pagamento di un assegno in luogo del mantenimento diretto con la motivazione che un'accentuata litigiosità dei genitori è circostanza idonea a sollevare ulteriori conflitti in un contesto che esige, al contrario, una condotta pienamente collaborativa
Per la riduzione o la eliminazione dell'assegno di mantenimento in favore dei figli, non è sufficiente allegare meramente uno stato di disoccupazione, dovendosi verificare, avuto riguardo a tutte le circostanze concrete del caso, la possibilità del coniuge richiedente di collocarsi o meno utilmente, ed in relazione alle proprie attitudini, nel mercato del lavoro
La legge vuol salvaguardare fino all'ultimo la piena ed assoluta libertà di ognuno di contrarre o non contrarre le nozze, cosicché, ai sensi dell'art. 81 c.c., l'illecito consistente nel recesso senza giustificato motivo non è assoggettato ai principi generali in tema di responsabilità civile, contrattuale od extracontrattuale, né alla piena responsabilità risarcitoria che da tali principi consegue, poiché un tale regime potrebbe tradursi in una forma di indiretta pressione sul promittente nel senso dell'accettazione di un legame non voluto. Ma neppure si vuole che il danno subito dal promissorio incolpevole rimanga del tutto irrisarcito. Il componimento fra le due opposte esigenze ha comportato la previsione a carico del recedente ingiustificato non di una piena responsabilità per danni, ma di un'obbligazione ex lege a rimborsare alla controparte quanto meno l'importo delle spese affrontate e delle obbligazioni contratte in vista del matrimonio. Non sono risarcibili voci di danno patrimoniale diverse da queste e men che mai gli eventuali danni non patrimoniali.
La legge subordina il provvedimento di assegnazione della casa coniugale alla presenza di figli minori o maggiorenni non autosufficienti conviventi con i coniugi. In assenza di questi presupposti la casa in comproprietà non può quindi essere assegnata dal giudice e resta soggetta alle norme sulla comunione salvo che non esistano eventuali accordi di natura negoziale intercorsi in sede di separazione che dispongono diversamente.
Nei procedimenti camerali che risolvono una controversia su diritti soggettivi, con provvedimento suscettibile di passare in giudicato e ricorribile per cassazione, sussiste l'eadem ratio della necessità inderogabile della rappresentanza tecnica, che sta alla base dell'art. 82 c.p.c. (salva espressa contraria specifica norma...)"; sussiste, pertanto, la necessità del ministero del difensore anche nel procedimento di divorzio su domanda congiunta dei coniugi. In difetto di rappresentanza tecnica, la sentenza emessa su domanda personale dei coniugi è nulla.
Anche per la fattispecie prevista dall'art. 250, quarto comma, cod. civ., il giudice, nel suo prudente apprezzamento e previa adeguata valutazione delle circostanze del caso concreto, può procedere alla nomina di un curatore speciale, avvalendosi della disposizione dettata dall'art. 78 cod. proc. civ., che non ha carattere eccezionale, ma costituisce piuttosto un istituto che è espressione di un principio generale, destinato ad operare ogni qualvolta sia necessario nominare un rappresentante all'incapace.
In materia di filiazione naturale si applicano, ai sensi dell'articolo 4 della legge 54/2006, i principi dell'affido condiviso. Pertanto anche in caso separazione di una coppia di fatto la potestà genitoriale è esercitata da entrambi i genitori e non solamente da quello con cui il figlio convive. L'articolo 317-bis infatti è stato implicitamente abrogato dalle disposizioni in materia di affido condiviso, tranne nella parte in cui prevede che i genitori conviventi con il figlio esercitano la potestà genitoriale. Di conseguenza in ipotesi di adozione in casi particolari, richiesta dal coniuge del genitore ai sensi dell'articolo 44 lett. b) della legge 184/1983, il dissenso manifestato dall'altro genitore naturale, pur se non convivente, preclude l'adozione. E ciò anche nel caso in cui tra il genitore ed il minore non vi sia mai stata convivenza
Non ha diritto alla revisione dell'assegno di mantenimento il coniuge che simuli, in modo strumentale, il peggioramento delle sue condizioni reddituali ad esempio cedendo, in modo simulato, la sua attività commerciale alla propria segrretaria che poi lo assuma come dipendente.